APPUNTI DI VIAGGIO

Vi proponiamo il sunto di una breve chiacchierata con don Umberto Bertola, ospite della Casa diocesana del Clero di Zelarino:



Don Umberto, lei ha dovuto abbandonare le sue attività a causa di una malattia neurologica ed ha affrontato un lungo ricovero nel reparto di terapia riabilitativa fra tanti malati. Come ha vissuto questa tappa della vita:

Mi sono travato malato fra i malati e questa esperienza, pur dolorosa, mi ha molto colpito per le differenti situazioni. Ho visto persone allettate in uno stato vegetativo piene di rabbia, che non accettano la loro condizione ed altri con insospettabile forza d’animo non si arrendano e lottano giorno dopo giorno per una piccola conquista. Ho cercato di pormi loro con la massima vicinanza e con compassione (nel senso etimologico del termine, “patire con”); mi sono reso conto che una carezza, un bacio, la vicinanza conta molto ed è forse la miglior forma di aiuto. Sono contrario all’accanimento terapeutico, alle mille cure e ai mille farmaci, meglio, nei limiti del lecito, sedare la persona ed accompagnarla nel suo cammino evitandole il dolore fisico. Si percepisce di più la sofferenza altrui quando si è colpiti dallo stesso male.

E’ stata dura accettare di non poter condurre una vita normale e rinunciare alla proprio quotidianità?

Ho preso atto dei miei limiti, prenderne atto significa soffrire ed accettare il dolore con anima, testa, cuore e fede per chì è credente. Dobbiamo essere umili, sapere “che non conosciamo né il giorno, né l’ora”. Mi sono imposto dei ritmi diversi, più blandi e più consoni al mio stato, occupo parte della giornata con la ginnastica che mi è stata prescritta, cammino con l’ausilio di un supporto ma non rinuncio alle relazioni con le persone. Prego spesso per la pace. Per la pace mondiale certamente ma per la pace interiore di ognuno di noi; non possiamo chiedere la pace se noi stessi non siamo in pace con il nostro prossimo…. penso alle liti con i vicini di casa, ai futili motivi che ci fanno vivere male la giornata senza capire che il tempo è prezioso perché la vita è preziosa. E si vive meglio se sì è in pace con sé stessi.

Nella sua vita di prete si è trovato di fronte ad un bambino che vive l’esperienza del lutto? E come ha reagito?

Domanda difficile. Ho avuto l’esperienza di una bambina molto legata al nonno. Ho trovato aiuto nella figura di Sant’Agostino ed ho spiegato alla bambina che il nonno “è nella stanza accanto”; lo puoi rivedere nei ricordi, negli oggetti e nell’affetto che rimane custodito nel cuore, l’al di là non è un luogo triste, il Cristiano ha la certezza del ritrovarsi nella vita eterna. Questa bambina dopo qualche giorno mi ha portato un disegno dove raffigurava una porta e mi disse che un giorno l’avrebbe aperta ed incontrato il nonno. Spero di essere riuscito a mitigare il suo dolore e rendergli più comprensibile il mistero della morte.